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Dante muore in esilio a Ravenna nel 1321. Settembre 1350. Giovanni Boccaccio viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Nel suo lungo viaggio Boccaccio oltre alla figlia incontrerà chi, negli ultimi anni dell’esilio ravennate, diede riparo e offrì accoglienza al sommo poeta e chi, al contrario, lo respinse e lo mise in fuga. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, sostando negli stessi conventi, negli stessi borghi, negli stessi castelli, nello spalancarsi delle stesse biblioteche, nelle domande che pone e nelle risposte che ottiene, Boccaccio ricostruisce la vicenda umana di Dante, fino a poterci narrare la sua intera storia.
Spoiler Anno 1350. La città di Firenze accorda il perdono postumo a Dante Alighieri morto circa trent'anni prima; Giovanni Boccaccio viene dunque incaricato dai Capitani di Or San Michele di portare dieci fiorini d'oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, l'unica sua figlia ancora in vita, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Durante il viaggio, Boccaccio incontra alcuni personaggi che hanno conosciuto Dante o che hanno assistito alla sua morte, ripercorrendo così in una serie di flashback la vita del Sommo Poeta. Rimasto orfano di madre in tenera età, Dante cresce con suo padre e la sua seconda moglie. Da ragazzino conosce Beatrice Portinari, che sarà il suo unico vero amore e la sua musa: ben presto egli diventa infatti uno stimatissimo poeta, e diviene amico di molti intellettuali tra cui Guido Cavalcanti.
Tuttavia, Dante dovrà rassegnarsi a vedere la sua Beatrice promessa in sposa ad un altro uomo, poiché di casta sociale superiore alla sua. Patrocinato da Guido, Dante prende parte come soldato a numerose vittorie fiorentine, tra cui la battaglia di Campaldino; poco tempo dopo, tuttavia, Beatrice muore, lasciando il poeta nella più totale disperazione. Sperando di risollevargli l'animo, la sua famiglia lo spinge a sposare Gemma Donati, che lui non amerà mai davvero, pur concependo con lei numerosi figli. Spinto da problemi economici, Dante deciderà di candidarsi al ruolo di priore delle arti; questa sua decisione avviene però nel contesto della lotta intestina tra Guelfi bianchi e neri: Dante deciderà di parteggiare per i primi, inimicandosi la famiglia di sua moglie e lo stesso Guido. In seguito Dante dovrà prendere la dolorosa decisione di votare a favore del suo esilio. Le azioni di Dante gli guadagnano l'inimicizia di papa Bonifacio VIII, da lui osteggiato perché visto come principale fautore del decadimento della Chiesa. Con l'inganno, il pontefice spinge Dante a rimanere a Roma, dove si è recato come ambasciatore, mentre Firenze viene presa da Carlo di Valois, circostanza che sancisce la vittoria dei guelfi neri. Dante viene quindi esiliato e costretto a lasciare per sempre la sua amata Firenze. Boccaccio riesce a seguire le tracce di Dante fino a un casolare nei dintorni di Verona, dove egli aveva trovato rifugio, la cui proprietaria gli racconta come l'uomo, durante la sua permanenza lì, sia stato febbrilmente impegnato nella realizzazione di una meravigliosa opera grazie alla quale sperava di ottenere la laurea di poeta e poter così tornare a Firenze.
La scrittura della Commedia lo impegnò per tutto il resto della sua vita: in particolare Boccaccio scopre che durante gli anni ravennati il Poeta, ormai estremamente vecchio, soleva perdersi nella contemplazione dei mosaici di Sant'Apollinare in Classe, che lo avrebbero ispirato nella scrittura della terza cantica. Dante morirà lasciando l'opera apparentemente incompiuta, ma gli ultimi tredici canti del Paradiso saranno ritrovati dal figlio Jacopo in seguito a un sogno. Boccaccio cerca di scoprire di più su queste misteriose circostanze, ma si trova davanti a un muro di silenzio; poco prima della fine della sua missione, inoltre, riesce a incontrare la sua unica figlia Violante, che tuttavia non lo riconosce come padre.
Boccaccio giunge infine a Ravenna, dove chiede di incontrare Suor Beatrice; anche qui, tuttavia, ottiene un secco rifiuto: la donna ha infatti in odio tutti i fiorentini, rei di aver esiliato suo padre e averne causato la rovina. Boccaccio, pur deluso, rispetta la sua decisione, ma al tempo stesso dichiara di aver compiuto la missione non per conto dei fiorentini, ma in ossequio all'amore incondizionato che nutre nei confronti di Dante. Sorprendentemente Suor Beatrice concede a Boccaccio un incontro segreto notturno, durante il quale gli rivela di aver compreso la sua buona fede; Boccaccio, commosso, le dice di considerare Dante come un padre, poiché grazie a lui è diventato poeta. Suor Beatrice, commossa, ricorda di come suo padre conoscesse "il vero nome di tutte le stelle".